domenica, Maggio 5 2024

In antichità, durante gli assedi, si cercavano di attuare vari stratagemmi per far scoraggiare gli assedianti a continuare la guerra. Un esempio è la leggenda che segue.

Poggibonsi era sotto assedio da mesi e gli assedianti fiorentini davanti le mura della città non erano in numero tale da poter prenderla con la forza. Dall’altra prospettiva i difensori erano ridotti alla fame e non avrebbero resistito a lungo con le poche razioni di cibo a disposizione.

Il momento era disperato, e per disperazione si agì d’ingegno: “perdere tutto o non perdere niente”.

I comandanti poggibonsesi decretarono un inganno e fecero preparare grossi mucchi di terra in tutte le strade della città e poi, col poco frumento rimasto, li ricoprirono in modo che sembrassero grosse scorte di cibo. Dopo ordinarono che nessuno si aggirasse per le strade e aprirono, così, le porte come se dessero la resa definitiva.

Alla vista delle porte aperte il comandante fiorentino fu informato e, preso il suo destriero, cavalcò in città. Appena vi entrò fu spaesato trovando un luogo fantasma e si impressionò a vedere le fittizie scorte di grano capendo che, se la città disponeva di tale cibo, non sarebbero bastati altri tre mesi d’assedio per vincere. Sconfortato cercò di ritornare al proprio campo ma, proprio nel mentre che stava uscendo, in una piazzetta incontrò una vecchia che stava mangiando una ghianda.

Trovandosi davanti all’unica anima incontrata il comandante le disse:

Donna, invece di mangiare codesta ghianda perché non vi fate una pagnotta con tutto il grano che avete?

la donna divertita rispose:

Sie, l’è proprio un buon grano quello! È tutta terra in verità che ci hanno fatto portare a fatica quei cervelloni dei comandanti.

Il fiorentino a cavallo, capito l’inganno dalla bocca di quella donna stolta, tornò al proprio campo e aumentando l’aggressività degli attacchi ottenne la capitolazione di Poggibonsi in breve tempo.

La vecchiaccia, però, non la passò liscia. Difatti, prima della resa, i suoi concittadini la presero a forza e la rinchiusero in una botte, gettandola poi in un baratro a morire.

Previous

L'aretino che salutò Dio

Next

Il gigante Mugello e l'emblema mediceo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Controlla anche