giovedì, Aprile 18 2024

Giovanni di Gherardogiurista, matematico, scrittore e umanista pratese rinascimentale scrisse un’opera in prosa su imitazione del Filocolo di Boccaccio, dove vengono narrate novelle, storie di mitologia, descrizioni di paesaggi della Toscana, viaggi immaginati e conversazioni, tenute nella primavera del 1389 da una colta brigata fiorentina presso la villa del Paradiso, nel borgo del Bandino di Antonio Alberti, situato a Gavinana, nella zona sud di Firenze. L’opera fu ritrovata nel 1864 da Aleksander Wesselofsky che ne identificò l’autore e gli attribuì il titolo di Paradiso degli Alberti; sua la prima pubblicazione dell’opera (1867-69).

Una delle sue narra di Prato

La maga Circe ebbe da Ulisse una figlia di nome Melissa che, divenuta grande, chiedeva sempre più insistentemente chi fosse suo padre, finchè un giorno non si mise sulle sue tracce. Circe, che non aveva perdonato Ulisse fu talmente irata contro la figlia che la tramutò in sparviero. La fanciulla volò così di isola in isola, verso Itaca. Ma qui Ulisse non c’era più, essendosi spostato ad occidente. La figlia, volò attraversando il mare, sorvolando boschi e terre desolate, fiinchè i venti non la portarono a Fiesole. Scesa sulla terra per riposarsi, rimase intrappolata nel vischio che quattro giovani cacciatori avevano messo tra le fronde.

Restò tutta la notte prigioniera e l’indomani, quando i cacciatori giunsero a recuperare la selvaggina, non appena fu sfiorata dalla mano di uno degli uomoni, riprese le sue sembianze originali, presentandosi come una ragazza di straordinaria bellezza. Ciascuno dei quattro amici la volevano come sposa, e mentre discutevano, essendosi avvicinati alla città, da una statua cadde improvvisamente la testa di marmo dal busto di Mercurio. Interpretandolo come segno celeste, decisero di non ricorrere alle armi, e che avrebbe sposato la fanciulla, colui che fosse riuscito a lanciare più lontano la testa della divinità. Mercurio, dio dell’operosità e del commercio, che voleva fondare in Italia la propria città, fece vincere il migliore, che si chiamava Nicandro.

Furono celebrate le nozze e per evitare gelosie gli sposi lasciarono Fiesole andando ad abitare in una bella pianura, dove vi era un grande prato. Furono appunto loro, Nicandro e Melissa, i fondatori della città di Prato.

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